Quando comunicare significa saper raccontare, il “racconto aperto” di Giorgio Donadoni

Quasi una novella che si lascia leggere con piacere e che ci racconta un po’ di Giorgio, della sua voglia di affabulare.

Il racconto aperto di Giorgio Donadoni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Una calda estate nella provincia bergamasca agli inizi degli anni 70: il boom economico non riguardava proprio tutti e un ragazzino di 11 anni, come del resto molti suoi coetanei, viene mandato dalla madre a fare il garzone presso la drogheria del paese. Il reale obiettivo di mamma Paola era semplicemente quello di togliere il suo vivacissimo secondogenito dalla strada, un potenziale pericolo e possibile causa di guai non ben precisati.

Questa, in breve, la sinopsi del racconto scritto da Giorgio Donadoni, non scrittore di professione, ma Responsabile delle Pubbliche Relazioni nonché uno dei soci fondatori della Comac srl, classificatosi al 4° posto all’ultimo concorso letterario organizzato dall’associazione Luberg.

Il concorso letterario “Racconti Aperti” è “Nato con l’intento di valorizzare la scrittura e la creatività“, ha spiegato il prof. Brevini, presidente della giuria “ha registrato un inatteso successo, totalizzando ben sessantasette lavori. Questi testi sembrano smentire o quanto meno rendere meno fosche le profezie sul tramonto della scrittura.

Sicuramente il titolo stesso del concorso e la possibilità di dar libero sfogo alla propria creatività hanno facilitato ed invogliato Giorgio a scrivere un racconto che scorre veloce, suscita emozioni e rievoca memorie quasi tangibili in quanti quegli anni li hanno vissuti personalmente, ma anche in coloro che li hanno sentiti raccontare da zii o nonni.

Uno spaccato di vita bergamasca che se non fosse per l’incipit: “Lù, al ghe ocor mia u s’cet?” (Scusi lei, non le servirebbe un garzone?), potrebbe ambientarsi in un qualsiasi paesino italiano di periferia.

I personaggi sono quelli della bottega del droghiere che mischiano i loro odori ed umori con i profumi delle spezie esotiche e delle caramelle alla liquirizia; sono i fratelli, con i quali ci si ritrova alla sera per un ultimo gioco prima di andare a dormire; i genitori sempre affaccendati in qualche attività, in apparenza lontani, ma presenti e attenti alle esigenze dei 4 figli e le prime cotte, che a distanza di anni, fanno ancora sorridere.

 

Quando comunicare significa saper raccontare

Il paesaggio è quello della campagna bergamasca, bagnata dal fiume Brembo che, nelle caldi estati, rieccheggia di voci di bambini e ragazzi: “la domenica pomeriggio che d’estate, con il bel tempo, veniva trascorsa al Brembo, luogo dove, oltre a trovare refrigerio nella calura estiva, potevamo vedere le ragazze, già donne, in costume, favorendo ulteriormente quelle, già non poche, fantasie che quotidianamente incominciavano ad accompagnarmi da qualche tempo.”

Quasi una novella che si lascia leggere con piacere e che ci racconta un po’ di Giorgio, della sua voglia di affabulare non solo con ironia, ma anche con tanta sincerità ed un pizzico di nostalgia: sicuramente un abile comunicatore che ha capito che la comunicazione si fa anche incantando il pubblico con semplici ed immediati racconti.

I racconti dei vincitori e dei finalisti sono stati pubblicati in un volume edito dalla casa editrice Sestante, ma ve noi lo pubblicheremo su questo blog prossimamente.

Aggiornamento 17 dicembre 2013: Pubblicato il racconto (clicca qui)

 

Quando comunicare significa saper raccontare