Estate 1972 – Il racconto di Giorgio Donadoni
Lü, a l’ghe ocór mia ü s-cèt? Scusi lei, non le servirebbe un garzone?
Inizia così la mia estate del 1972. Avevo appena terminato la prima media nella scuola di un piccolo paese di provincia.
Nemmeno il tempo di poter immaginare ciò che avrei potuto fare in quella promettente calda estate ed eccomi già sistemato per i tre mesi a venire: DROGHERIA MAESTRONI di Ponte San Pietro.
La bottega, buia, stretta e lunga, un bancone enorme con il piano di marmo, pieno di scatole, confezioni di biscotti e croissant, tre grandi vasi di vetro: uno con le caramelle al miele Ambrosoli, un altro, dai riflessi rosso scarlatto, colmo di caramelle Rossana, il terzo ostentava, senza riscuotere quel successo sperato, delle caramelle Valda, morbide gocce di menta ricoperte da minuscoli cristalli di zucchero. Il cacao, esposto in bella vista, circondato da pezzi di cioccolato alle nocciole, fondente, gianduia e cremino, custodi di quella polvere esotica. Una solitaria latta di acciughe sotto sale, ossimoro per antonomasia.
Alle spalle, uno scaffale enorme, incastrato nel soffitto: all’interno tanti alimenti sfusi. Mille odori, di cui non conoscevo la provenienza, mi pizzicavano le narici: pepe, cannella, noce moscata, zafferano. Una ragazza appare all’improvviso. Fuori campo una voce: “questo è il nuovo garzone!”. Sorridendo, mi dice: “a lunedì mattina”. Io, muto, annuisco. Mi strizza l’occhio e se ne va, inghiottita dal retrobottega dal quale era magicamente apparsa.
Sento una voce chiamare ripetutamente il mio nome: è mia madre che, terminata la spesa, sta uscendo dal mio futuro luogo di lavoro.
Io non capivo cosa fosse realmente successo, ma notavo i miei genitori ostentare una certa soddisfazione per essere riusciti a togliere dalla strada un potenziale pericolo e possibile causa di guai non ben precisati.
Accanto a quello che sarebbe stato il mio CRE estivo, c’erano altri negozi: ottica, ferramenta, frutta e verdura dell’Arcimboldo, due negozi di abiti per uomo Eustacchio e Scudeletti, che tenevano le prestigiose marche Facis e Lebole.
Percorriamo con leggerezza la strada in discesa, quasi galleggiando, come quei palloni che ogni tanto mi capitava di vedere passare nel canale vicino a casa e che avrei tanto voluto pescare.
Ci dirigiamo verso il bar, dall’altro lato della strada. Lo sguardo di mio padre incrocia, complice, quello di mia madre in cerca di approvazione: varca la soglia e raggiunge il banco del locale. Un caffè corretto e due mottarelli. Sono l’unico a non aver ancora finito. Erano così rari questi momenti che avrei voluto, se solo avessi potuto, rimettere nel congelatore una parte del gelato per prolungare l’estasi e goderne anche in seguito. Controcorrente, come le trote che risalgono il fiume, che scorre rumoroso alle nostre spalle, riprendiamo la strada.
Il “Rosso”, il barbiere, sta sulla porta del suo negozio: è l’unico ad avere riviste nelle quali puoi trovare qualche seno scoperto….. Scarica “Estate 1972”, il racconto completo di Giorgio Donadoni